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riserva naturale punta d'erce (aderci) di vasto

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view post Posted on 23/2/2012, 15:38
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La Riserva comprende un tratto di costa dalla foce del Sinello a Punta della Lota, nel Comune di Vasto (Chieti).
La falesia di Punta Aderci si affaccia sul mare con dirupi alti anche decine di metri e con pendenze relativamente dolci (Spiaggetta contigua al Porto di Vasto).
È possibile distinguere la zona pianeggiante, sovrastante la falesia, dai terreni in pendenza verso i valloni, seguendo idealmente la linea di costa.
Le spiagge sono gli habitat abruzzesi più rari, continuamente ripulite per esigenze turistiche.
Le piante della costa subiscono una continua selezione, che le rende sempre più specializzate, adattate, nel corso della loro storia evolutiva, a vivere in condizioni severe quali l'aridità e la mobilità della sabbia, la carenza di elementi nutritivi, l'aerosol e gli spruzzi del mare, il vento e il forte irraggiamento estivo.


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Questa splendida riserva tutela il tratto di costa naturalisticamente più pregevole dell'intero Abruzzo.
Punta Aderci è un susseguirsi di spiagge di sabbia e ciottoli, di falesie e scogliere, di paesaggi agricoli e macchia mediterranea, di tonalità marine verdi e blu, di ambiente dunale integro e di un rosso tramonto che retroillumina le montagne di tre parchi nazionali (Majella, Gran Sasso-Laga e Monti Sibillini).
Punta Aderci è da scoprire al passo lento dei nostri piedi, in bicicletta, in canoa godendosi la tranquillità delle spiagge e del mare di "Libertine" o Mottagrossa.
La riserva si estende per 5 km di costa su circa 285 ettari che arrivano a 400 con l'Area di protezione esterna.
I suoi simboli sono il fratino, che nidifica sulle dune, lo sparto pungente, protagonisti della vita animale e vegetale della spiaggia di Punta Penna.
Calendario escursioni programmate sul sito www.puntaderci.it.


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Nei pressi del porto di Vasto, a Nord, a circa due chilometri trovasi il promontorio (26 m s.l.m.) di d'Erce, dall'orrida bellezza.
Il promontorio roccioso con il suo profilo a picco sulla limpida distesa del mare, le sue grotte, i resti di un trabocco e una piccola cala formano un suggestivo, singolare ambiente. E' uno dei paradisi della penisola ed una suggestiva area dotata di rari biotipi di flora mediterranea.
La località è ricca di inestimabili tesori legati alla storia, alle rarità germofologiche presenti nella caratteristica zona dunale costiera, e di pregiate forme di vita marina, favorite dall'ambiente stabile costante che consente evoluzioni di fenomeni eutropici.
L'aspetto più interessante della vegetazione della spiaggia è il raggruppamento di retrodune che si sviluppa nelle depressioni alle spalle dei dossi dunali.
Notevole la vegetazione delle rupi sulle quali sono presenti specie molto rare in Abruzzo, tra cui Chitmum Maritimum e quelle appartenenti ai genere Limonium.
Da alcuni anni ( 1998) è zona protettà riconosciuta come:
"Riserva Naturale di Punta d'Erce". Si estende per oltre 400 ettari, con una lunghezza costiera di circa 5 chilometri, dalla spiaggia di Punta Penna alla foce del fiume Sinello.
Il logo della Riserva riunisce il fratino (charadrius alexandrinus) e lo sparto pungente (ammophila arenaria) quali simboli della vita animale e vegetale della spiaggia di Punta Penna. Il promontorio di Punta Aderci da il nome alla Riserva e caratterizza l'intera area offrendo il panorama completo sulla Riserva e sui fondali marini sottostanti.


La Riserva
La Riserva di Punta d'Erce o Aderci è stata istituita con L.R. n.9 del 20.02.1998; nasce dall'esigenza di conciliare l'aspetto naturalistico dell'area con quello turistico relativo alla fruibilità delle spiagge.
L'area protetta di Punta Aderci è la prima riserva istituita in Abruzzo nella fascia costiera. La Riserva ha una estensione di oltre 400 ettari e va dal Porto di Vasto (Punta della Lotta) fino alla foce fiume Sinello, a confine con il comune di Casalbordino.
Nell'anno 2000, il Comune di Vasto ha adottato il Piano di Assetto Naturalistico (PAN) della Riserva Naturale Regionale Guidata di Punta Aderci, elaborato dalla Cooperativa COGECSTRE di Penne.
La falesia che caratterizza il paesaggio si affaccia sul mare con dirupi alti anche decine di metri (Punta Aderci) o con pendenze relativamente dolci (Spiaggetta contigua al Porto di Vasto).
Nella Riserva la zona pianeggiante appare maggiormente antropizzata, il paesaggio agricolo è di tipo tradizionale, con ampi vigneti e appezzamenti coltivati prevalentemente a graminacee. Tuttavia l'area di maggiore interesse e tutela è costituita dalla Spiaggetta: un anfiteatro marino che ospita numerose essenze vegetali tipiche.
Il promontorio di Punta Aderci (26 m s.l.m.) caratterizza l'intera area offrendo un angolo visuale sull'Adriatico, scogli emergenti e fondali interessanti da esplorare. Fossi, valloni e fitta boscaglia caratterizzano a loro volta la fascia che dalla Punta scende verso le foci del Sinello dove la zona è di alto valore naturalistico.
La Riserva può vantare non solo qualità naturali di tipo marino e subacqueo, ma anche vegetazionale, avifaunistico, paesaggistico, geologico. La parte sommersa della scogliera è disseminata di popolamenti bentonici. Il ricambio delle acque favorisce la biocenosi per l'abbondanza di molluschi bivalvi lamellibranchi quali mitili, vongole, natiche, telline, cannolicchi, pettini. Sulla battigia abbondano Molluschi e Gasteropodi. Tra le rocce sopralitorali i caratteristici Littorina neritoides (gasteropode) e la Ligia italica (isopode). Diffusa la presenza del granchio corridore (Pachygrapsus marmoratus) e la Patella caerulea. Tra le cavità formate dalle alghe coralline vivono il comune verme da esca, il polichete (Perinereis cultrifera), diverse spugne incrostanti, madreporari e celenterati. In alcune cavità di Punta d'Erce è possibile ammirare l'Helymenia fioresia, considerata l'alga rossa più bella del Mediterraneo. Numerose specie avifaunistiche, molte delle quali stazionarie e nidificanti.
Altre svernano e sostano lungo il litorale vastese, durante le migrazioni autunnali e primaverili. Si tratta principalmente di Ciconiformi come l'airone cenerino (Ardea cinerea), l'airone rosso (Ardea purpurea) e la garzetta (Egretta garzetta), Passeriformi tra cui l'allodola (Alauda arvensis), l'averla capirossa (Lanius senator), il luì piccolo (Phylloscopus collibyta); tra gli Accipitriformi il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), il falco di palude (Circus aeruginosus), l'albanella minore (Circus pygargus) e lo sparviero (Accipiter nisus).


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Le Dune
Le dune sono strutture collinari caratteristiche dei deserti e delle coste sabbiose. Quelle costiere si sviluppano parallelamente al litorale, sono costituite soprattutto da sedimenti fini incoerenti portati dai fiumi (origine fluviale) e dal moto ondoso (origine marina) che trasporta e rideposita i sedimenti secondo le correnti principali. Le dune non sono strutture statiche, sono instabili, soggette a continui spostamenti e ridimensionamenti causati dalla direzione e

dalla forza del vento. Il vento, infatti, spinge le particelle sabbiose verso l'entroterra per trascinamento oppure a balzi creando un lato sopra vento con pendenza moderata e un lato sottovento con pendenza più accentuata. Generalmente il versante della duna esposto a mare è maggiormente colpito dall'azione erosiva del vento, mentre il versante protetto si accresce per l'accumulo dei granelli di sabbia.
La sabbia inizia ad accumularsi quando incontra le rocce o le piante. La vegetazione ha quindi una fondamentale importanza per la formazione delle dune costiere, poiché crea un impedimento per l'avanzamento della sabbia verso l'entroterra.
Può iniziare così la formazione di dune embrionali che vanno sempre più accrescendosi e stabilizzandosi, fino a formare vere e proprie colline asimmetriche che possono superare i 10 metri d'altezza. Il primo cordone di dune, prospiciente al mare, è sempre più elevato rispetto ai successivi.
I cordoni successivi, sono più ricchi di copertura vegetale, rappresentata da arbusti tipici della macchia mediterranea.
I cordoni dunali sono ambienti molto interessanti sia dal punto di vista ecologico sia paesaggistico. Tali ecosistemi hanno un delicato equilibrio evolutivo legato alla continua trasformazione del substrato causato dall'erosione del vento e del mare, che rendono difficile l'insediamento dei vegetali e di conseguenza la lori stabilizzazione.
Spesso a peggiorare la situazione vi è l'azione dell'uomo che con la costruzione di strade ed edifici lungo le coste o, semplicemente con il solo calpestio delle piante che crescono nelle dune, interferisce sull'equilibrio descritto provocando lo sventramento dei cordoni dunali. Ma uno dei danni maggiori è sicuramente dato dalla costruzione di sbarramenti artificiali a monte dei corsi d'acqua.
Questi hanno determinato una drastica riduzione nel trasporti dei sedimenti sabbiosi che giungevano al mare, causando l'arretramento della spiaggia. La demolizione delle dune è un fenomeno irreversibile, con gravi danni alle formazioni boschive che grazie al riparo contro i venti e l'aerosol marino, in condizioni normali riescono a svilupparsi dietro di esse.

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La vegetazione delle Dune
L'ecositema litorale è uno degli ambienti terrestri più selettivi per lo sviluppo delle piante. I fattori limitanti sono il vento che trasporta minutissime gocce di acqua marina e una moltitudine di granelli di sabbia (azione smerigliante), e le acque circolanti ricche di cloruro di sodio e perciò di difficile assunzione da parte delle radici. Sono favorite solo quelle specie dette "psammofile" (dal greco psammos = sabbia, filé = amico) adattate a superare tali condizioni.
Gli adattamenti evolutivi delle piante sono l'habitus sempreverde, la succulenza di alcuni organi la spinescenza, la tomentosità utili a superare periodi aridi; per resistere all'azione abrasiva della sabbia trasportata dal vento apparati radicali molto sviluppati in profondità, riduzione delle superfici esposte, portamento strisciante o a pulvino; ciclo biologico molte breve per poter superare le stagioni avverse sotto forma di seme.
Partendo dal mare verso l'interno troviamo la zona afotica dell'alta marea, dove non riesce a crescere nessuna pianta.
Dopo questa fascia vi è una zona di deposizione, dove le alghe, le fanerogame marine e le conchiglie vengono spiaggiate. La decomposizione di queste

sostanze organiche apporta una sufficiente quantità di nutrienti per permettere alle prime piante pioniere d colonizzare la spiaggia. Le piante annuali (terofite) alonitrofile, stabiliscono una prima barriera alla dispersione della sabbia.
Nelle depressioni infradunali si crea un microhabitat umido, grazie all'accumulo di piccole quantità di limo e dall'affioramento della falda freatica, dove si sviluppa un vegetazione alo-igrofila.


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Il Fratino (Charadrius alexandrinus)
presente nell'Oasi di Punta d'Erce

E' un uccello piccolo, le parti superiori del corpo sono di colore grigio chiaro, quelle inferiori sono bianche. Presenta delle bande: scure ai lati del petto e delle macchie nere sotto la fronte e dietro gli occhi.
Nei giovani il piumaggio è simile a quello degli adulti, ma mancano le macchie scure e questo li rende scarsamente visibili nella sabbia.
La femmina è molto simile al maschio, ma le zone nere sono sostituite dal marrone. Le zampe sono grandi e grigio scuro, gli occhi grandi e neri.
Il fratino dorme con il becco e la parte anteriore della testa ripiegati sotto le piume. Si nutre principalmente di insetti, molluschi, crostacei, vermi. Si trova su spiagge, dune, lagune litoranee, piane di marea, pianure salate, stagni salati.
La nidificazione avviene preferibilmente su terreno asciutto o sabbioso vicino all'acqua. Il maschio scava diverse buche nel terreno e la femmina ne sceglie una. Solitamente vengono deposte tre uova la cui cura è affidata ad entrambi i sessi; il periodo di incubazione di 26-32 giorni durante i quali la femmina bada al nido durante il giorno, il maschio durante la notte. I piccoli sono precoci e nidifughi e generalmente nascono tra giugno e luglio.
Entrambi i sessi difendono attivamente il territorio di nidificazione, anche se i maschi tendono ad essere più aggressivi delle femmine, frequenti gli scontri e le lotte contro il nemico quando le nidiate sono minacciate. Quando i predatori si avvicinano, il fratino si allontana dal nido per attirarli lontano dai piccoli. Italia è nidificante, migratore regolare e svernante. Quando termina il periodo riproduttivo migra verso le zone costiere del Mediterraneo meridionale e dell'Africa. Durante l'inverno è un uccelo sociale e forma stormi anche di 300 individui
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Il Fratino, piccolo uccello presente nell'oasi


La Quarajèine
La Quarajèine (corallina), alga difficimente reperibile nell'Adriatico è presente nelle scogliere di Punta d'Erce.

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Punta d'Erce a Vasto fra i 50 paradisi della penisola
Una località ricca di rarità germofologiche e reperti archeologici risalenti fino all'anno 1000 a. C.
II FAI (Fondo Ambiente Italiano) e la Banca Intesa hanno condotto un sondaggio sui siti più caratteristici da salvaguardare. La riserva naturale di Punta d'Erce di Vasto, con 393 preferenze, è risultata la prima in Abruzzo e la 49% nella classifica nazionale. Estesa oltre 400 ettari, dichiarata riserva nel 1998, è situata su di un litorale roccioso a nord del porto di Punta Penna.
Di recente è al centro di accese polemiche per via della installazione di manufatti lungo percorsi turistici all'interno della riserva, che gli ambientalisti ritengono non compatibili con la vocazione naturalistica.
Recentemente, nel corso di scavi condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici, sono stati scoperti fondi di capanne incavati, risalenti al 1000 a.C., cioè all'età finale del bronzo, con reperti ceramici, vasellami di importazione provenienti dalla Puglia. Dai manoscritti di Lucio Canacci (De Sit. Buc. et Ist. Apud Polidori ms; in Romanelli T.I, p.318) vissuto nella seconda metà del XII sec, e che eseguì, nel sito della Penna, dei sopralluoghi, apprendiamo della esistenza dei ruderi di un teatro, due templi, di resti di mura, colonne, mattonacci, tegoloni, marmi segati e tracce di acquedotto, sepolcri sparsi nella zona.
Nel territorio di d'Erce esistevano delle fortificazioni che resistettero alle scorrerie dei saraceni e dei turchi. Uno di questi dominava il colle Martino di cui si hanno tracce ben visibili di ruderi a forma quadrata dentro cui vennero sepolti oltre un centinaio di abitanti di Vasto morti per la febbre petecchiale del 1817. La punta di Colle Martino è rovinata a valle verso il mare e solo un argine degli avanzi della fortificazione oppone qualche resistenza al furore delle mareggiate.
Di Erce si sa che, nel castello, vi era una chiesa intitolata a San Martino nel 1345, di cui era prevosto Diodato de Gambono (cft.: Notar Giovanni Luce di Atri, 29.VIII 1345, in archivio del Comune di Atri, in copia negli atti dell'esame compilato per la causa di regio patronato tra il capitolo di San Pietro e quello di Santa Maria in Vasto nel 1794, innanzi al Regio Governatore e Giudice di San Salvo. Vol. unico manoscritto in fl. di carte 165).
Dalle suddette notizie storiche emerge che punta d' Erce era anche denominata luce, come si legge in una bolla di Alessandro III del 10.7.1176 che ne confermava il possesso ai benedettini del monastero di San Giovanni in Venere (Aless. III Kal.julii 1176-in Comitatis Teatino Cellam S.Petri de Linari, Cellam S. Mariae in Valle, Castrum Aymonis, Turricellam, Monte Collis Martini, Ilicem...). Certamente la zona doveva essere ricca di Lecci che in abbondanza vegetavano nella località.
Nel 1993, effettuandosi scavi nell'adiacente zona di Punta Penna condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Regione Abruzzo, guidati dal Prof. Alessandro Usai, specialista in preistoria, con la collaborazione con l'Università Gabriele D'Annunzio di Chieti - cattedra di Archeologia Medioevale - titolare prof. Giuntella e la Cooperativa "Parsifal" diretta da Davide Aquilano, nei pressi della chiesetta di Pennaluce, sono stati rinvenuti materiali che confermano le notizie da fonti storiche.
"Di fronte alla chiesetta - riferiva Davide Aquilano - ci troviamo al cospetto di un tempio posto all'interno dell'etno-frentana. In questa zona potrebbe localizzarsi un Santuario considerato il centro di coagulo delle attività politico-amministratìvo-religiosa delle popolazioni frentane, di tutta la fascia costiera estesa tra il Foro e il Biferno, con confine occidentale la Maiella".
Pennaluce era un insediamento urbano molto esteso se nel 1320 pagava all'Università del Vasto 20 tarì (Casalbordino e Scemi ne versavano 3). Peraltro, la documentazione del 1239 menziona una bene identificata "Penna de Luco" che ci riporta all'area sacra, il bosco sacro, dal latino "LUCUS" a conferma della presenza nella zona di un Santuario Frentano immerso in una fitta vegetazione di "lecci", alberi che sono menzionati nella bolla di Papa Alessandro III.
Peraltro la parola "Penna" ricorda una estensione di territorio che si prolunga verso il mare e l'espressione latina "lucus" è tradotta in bosco per confermare la denominazione odierna di "Penna luce", località ove sorge l'attuale chiesetta di Punta della Penna
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Litorale di Punta d'Erce - Vasto


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fonte sito qui

 
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