LA STORIA
La storia del Bullicame inizia con la presenza di un personaggio mitologico. Ercole. Infatti, di passaggio nell'Etruria visita anche la città etrusca di Surrena (l'antica Viterbo) e dona ai nostri antichi predecessori questa meravigliosa e terapeutica sorgente del Bullicame.
La leggenda narra che il dio della forza usasse le acque dei fiumi caldi Illo e Acheloo per ritemprare il corpo ed i muscoli dopo ogni "fatica". Egli era così grato a questi fiumi caldi che dette il loro nome a due dei suoi figli. Impose infatti, il nome di Illo al suo primogenito, e chiamò Acheloo un altro suo figlio.
Il popolo etrusco fu iniziato da Ercole all'uso delle terapeutiche acque calde del Bullicame. In quel tempo si sapeva che facevano bene per esperienza diretta di chi le usava, perché ancora non si conoscevano i principi attivi di queste acque.
Quando nel 310 a.C. i romani conquistano queste terre con la velocità di un lampo, travolgendo nella loro avanzata pastori e agricoltori indifesi, meravigliarono nello scoprire che dal suo suolo scaturivano tante sorgenti di acqua calda minerale ipertermale. Furono così felicemente meravigliati da edificare ben quattordici Terme con costruzioni sontuose che ancora oggi sfidano il tempo. Infatti, l'antica Roma non ebbe mai la fortuna di alimentare le sue terme con acque naturali, minerali e ipertermali, bensì dovette usare sempre quelle fredde freatiche, riscaldandole poi con tonnellate di legna da ardere che era bruciata in forni tecnicamente perfetti.
Gli antichi ruderi presenti sul territorio termale viterbese, ci ricordano 14 Terme che sono così denominate:
- Le Masse;
- S. Maria in Selice;
- Ebrei;
- Bullicame;
- Almadiani;
- Zitelle;
- Busseta;
- Prato;
- Colonnella;
- Sasso Grosso;
- Naviso;
- La lettighetta;
- Bacucco;
Alle Terme del Bacucco transitò anche Michelangelo che venne dalle nostre parti per curare il suo "mal della pietra", con le terapeutiche acque del Bullicame. Egli avvezzo alle eleganti architetture di Roma stupì di fronte alla bellezza di ciò che rimaneva di queste importanti Terme, e realizzò uno schizzo della cupola e della pianta interna. L'idea della cupola sarà poi una base, sulla quale svilupperà quella maestosa di San Pietro.
Che le nostre acque erano altamente terapeutiche lo avevano scoperto anche i nostri storici per eccellenza: Niccolò Della Tuccia e Anzillotto. Infatti il primo scrisse che queste acque:
"...guarivano da ogni possibile infermità."
mentre il cronista Anzillotto asseriva che queste acque era in grado di risanare:
"...ogni leproso, et ogni percosso de ferita in picciolo tempo."
DANTE E MICHELANGELO
Prima di Michelangelo passò dal Bullicame anche Dante Alighieri che è, certamente, il personaggio che più di tutti ha celebrato questa fonte, descrivendola nella "Divina Commedia". Infatti, nel canto XIV dell'Inferno egli così scrive:
"Quale del Bullicame esce ruscello
che parton poi tra lor le peccatrici
tal per la rena giù sen giva quello.
Lo fondo suo ed ambo le pendici
fatt'eran pietra e margini di lato."
E' la descrizione del fiume infernale Flegentonte che chiama come similitudine terrena il ruscello del Bullicame. Queste acque termali ben si prestano all'uopo. Infatti, contenendo un'alta percentuale di zolfo, quando scorrono creano concrezioni gialle e le colorano con alcune macchie rossastre.
Poi nel canto XVI come ampiamente detto in "Dante e il suo Secolo" di Indro Montanelli, Il Sommo Poeta si affida ad una seconda similitudine per il Flegentonte e lo paragona alle cascate dell'Acquacheta nella Valle del Montone. Mentre la prima citazione del Bullicame serve a dare un'idea del calore e dell'odore di zolfo del fiume infernale, questa seconda analogia connota il volume ed il corpo delle acque di questo corso.
Altre coincidenze poi, si affacciano alla mia mente, quando si parla di Dante Alighieri. Egli arriva da Firenze e per giungere fino a Roma dovrà attraversare la Selva Cimina, "orrenda e impenetrabile" e poi scrive"...mi ritrovai in una selva oscura[...]".
Il discorso è molto interessante ma ci porterebbe fuori tema e, magari, lo affronteremo un'altra volta.
Un altro personaggio "di spessore" che capita a Viterbo e stupisce vedendo la "caldaia" del Bullicame è Fazio degli Uberti il quale inserisce questa descrizione nel suo Dittamondo:
"Io nol credea perché l'avessi udito
Senza prova che il Bolicano fosse
Acceso di un bollor tanto infinito:
Ma vi gettai un monton dentro e si cosse
In men che l'uomo andasse un quarto miglio
Ch'altro non si vedea che proprio l'osse."
A credere al testo sembrerebbe che la nostra terapeutica sorgente sgorgasse in quel periodo con una temperatura vicina ai 100 gradi centigradi. Probabilmente non è così e ritengo che Fazio degli Uberti, volesse stupire i suoi lettori. Infatti, attualmente sgorga a 58° C. e negli anni sessanta sgorgava a 61°C. Dunque una temperatura che, anche se scotta le mani, non è in grado di rassodare neanche un uovo.