LA GALIANA STORICA
A Viterbo, murato nella facciata chiesa di Sant'Angelo de la Spatha, in Piazza del Plebiscito (o Piazza del Comune), si trova un sarcofago romano in marmo, risalente al II secolo, sul quale sono scolpite alcune scene di caccia. A seconda degli interpreti, si tratterebbe della caccia al cinghiale caledonio, della caccia al leone nemeo, oppure delle battute di caccia di Alessandro Magno. Secondo lo storico viterbese Giovanni Nanni detto Annio, tale sepolcro sarebbe appartenuto a un certo Valerio Agricola Urbano, sesto pretore romano d'Etruria, il quale sembra fosse solito dare la caccia ai cinghiali utilizzando un leone da lui addomesticato.
Nel 1988 il sarcofago è stato rimosso e trasferito nel Museo Civico di Viterbo; qui, nel corso dei lavori di restauro, nel 1991, il sepolcro venne aperto, ma - con gran delusione dei viterbesi - fu trovato vuoto. Sulla facciata della chiesa è stata in seguito apposta una copia in marmo di Carrara.
Stando a quanto riferiscono le cronache cittadine, nella prima metà del XII secolo morì in Viterbo una gentildonna di insolita bellezza, chiamata Galiana. Essa venne seppellita in questo sepolcro, posto sotto il portico che allora si stendeva davanti alla chiesa. Così scrive il cronista Niccolò Della Tuccia: «Quando Galiana morì, fu messa in un bello avello di marmo intagliato e posto dinante la chiesa di Santo Angelo de la Spatha».
Quando, nel 1549, crollò il campanile della chiesa di Sant'Angelo, il portico venne travolto, e con esso il sarcofago di Galiana. Ricostruita la facciata della chiesa nella forma attuale, vi fu apposto il sarcofago, recuperato dalle macerie. In testa al sarcofago vennero poste due epigrafi. Una era il rifacimento dell'autentica epigrafe tramandata da Lanzillotto, l'altra venne scolpita per l'occasione. L'una e l'altra epigrafe portavano la presunta data della morte di Galiana, il 1138.
Il sepolcro di Galiana.
Sulla facciata della chiesa di Sant'Angelo de la Spatha, in Piazza del Plebiscito, a Viterbo
Questo il testo delle due epigrafi:
Flos et honor patriæ, species pulcherrima rerum
clauditur hic tumulo Galeana ornata venusto
fœmina si qua polos conscendere pulchra meretur
angelicis manibus diva hic Galiana tenetur.
Si Veneri non posse mori natura dedisset
nec fragili Galiana mori mundo potuisset.
Roma dolet nimium, tristatur Thuscia tota.
Gloria nostra perit, sunt gaudia cuncta remota.
Miles et arma silent, nimio perculsa dolore.
Organa iam fidibus pereunt caritura canoris
anno milleno canteno terque deceno
octonoque diem clausit dilecta tonanti.
Fiore e onore della patria, bellissima sembianza del creato, Galiana con gli ornamenti è chiusa in questo sarcofago. Se bella donna merita di salire verso il cielo, Galiana è sorretta dalle mani degli angeli. Se la natura avesse concesso a Venere di non poter morire, neanche Galiana sarebbe potuta morire per il mondo caduco. Roma si duole molto, la Tuscia tutta è triste, la gloria nostra è morta, sono finite tutte le gioie. Il soldato e le armi tacciono colpite da un dolore troppo grande. Organi e cetre vanno in rovina e mai più daranno suono. Nell'anno 1138 chiuse la vita, cara al Signore dei Cieli.
Prima epigrafe
Galianæ patritiæ viterbensi
cuius incomparabilem pulchritudinem
insigni pudicitiæ iunctam
sat fuit vidisse mortales
consules maiestatis tantæ fœminæ
admiratione hoc honoris ac pietatis
monumentum hieroglyphicum ex S.C. ppp
MCXXXVIII.
A Galiana, patrizia viterbese, la cui incomparabile bellezza unita a straordinaria pudicizia, fu il vederla grande premio ai mortali. I consoli in ammirazione della nobiltà di così magnifica donna, per decreto del Consiglio, posero questo ricordo d'onore e di pietà, scolpito nella pietra. 1138.
Seconda epigrafe
L'una e l'altra epigrafe ricordano semplicemente la bellezza e le virtù di una gentildonna viterbese vissuta nella prima metà del XII secolo, ma non fanno alcun riferimento ai dettagli delle due leggende fiorite intorno al nome di Galiana: quella del sacrificio alla scrofa bianca e quella dell'assedio della città da parte delle truppe prefettesche. Sembra certo che fino alla metà del XII secolo la leggenda non esisteva ancora, ed è dunque assai probabile che la leggenda di Galiana sorse soltanto dopo il XIV secolo. Quel sarcofago, dalle movimentate figurazioni e di cui forse nessuno comprendeva ciò che vi era rappresentato, e la fama della bella donna il cui ricordo era ad essa legato, dovettero certamente indurre qualcuno - forse un cantastorie - a crearvi sopra una vicenda, di cui ora analizzeremo gli elementi.