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il tetto del mondo:C’è folla sull’Everest

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view post Posted on 15/7/2013, 08:50
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C’è folla sull’Everest
Cresce la tensione sul tetto del mondo; ogni anno la montagna è invasa dalle spedizioni di scalatori e dai rifiuti, ed è ormai divetata un esempio negativo per l’alpinismo
di Mark Jenkins 

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[...] La conquista dell'Everest è sempre stata una grande impresa, ma oggi che la vetta è stata raggiunta da quasi 4.000 persone - alcune delle quali lo hanno fatto più di una volta - ha meno valore rispetto a 50 anni fa.

Oggi circa il 90 per cento degli scalatori dell'Everest è gente che paga una guida per farsi portare su, e molti sono sprovvisti persino dell'addestramento basilare.

Dopo aver pagato dai 30 mila ai 120 mila dollari, troppe persone inesperte pensano di poter raggiungere la vetta. Molte ci riescono, ma in condizioni spaventose.

I due percorsi standard, la Cresta Nord-Est e la Cresta Sud-Est, sono pericolosamente affollati e disgustosamente inquinati, pieni di rifiuti che emergono dal ghiaccio e piramidi di escrementi umani che imbrattano i campi ad alta quota.

Per non parlare delle vittime. Oltre ai quattro alpinisti morti sulla Cresta Sud-Est, nel 2012 altre sei persone, tra cui tre sherpa, hanno perso la vita su questa montagna.

Sembra evidente: c'è qualcosa che non va sul tetto del mondo. Ma a detta di chi conosce bene questa montagna la situazione non è irreparabile. [...]
(Leggi tutto l'articolo di Mark Jenkins sul numero di National Geographic Italia di giugno 2013)

Nella foto: Una lunga fila sull’Hillary Step il 19 maggio 2012. Qualcuno ha aspettato al freddo per ben due ore per superare questo sperone di 12 metri appena sotto la cima. Nonostante tutto, quel giorno sono arrivate in vetta 234 persone. Quattro alpinisti hanno perso la vita.

Fotografia di Subin Thakuri, Utmost adventure trekking

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Una lunga coda di alpinisti avanza lentamente sulla parete ovest del Lhotse per raggiungere il Campo 4, l’ultima fermata prima della vetta. Negli ultimi vent’anni l’elasticità delle leggi e il boom delle guide a pagamento hanno reso l’Everest molto più accessibile, sia agli esperti, sia ai principianti.

Fotografia di Andy Bardon

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Hilaree O’Neill, componente della nostra squadra, attraversa un ponte costruito con scale d’alluminio legate fra loro per superare un crepaccio sulla cascata Khumbu. Considerata una delle zone più rischiose e imprevedibili dell’Everest, la cascata è un labirinto di blocchi di ghiaccio mobili e frastagliati.

Fotografia di Andy Bardon

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Gli scalatori sfilano accanto al corpo di Shriya Shah-Klorfine, una donna nepalo-canadese di 33 anni morta il 19 maggio per un collasso mentre scendeva dalla vetta.

Fotografia di Kristoffer Erickson

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l Campo 4 è disseminato di spazzatura lasciata negli ultimi 60 anni da almeno 4.000 scalatori. Sebbene le campagne per controlare l'inquinamento ed eliminare i rifiuti abbiano avuto successo al Campo Base, alle quote più alte continuano ad accumularsi tende abbandonate, bombole di ossigeno vuote, resti di cibo e altri scarti delle spedizioni. Il Campo 4 si trova a oltre 7.900 metri di quota.
Fotografia di Mark Jenkins

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Il ghiaccio si incrosta sulle tute degli scalatori mentre superano l'Hillary Step alle 5.30 del mattino del 20 maggio 2012, il giorno dopo la morte di ben quattro persone a poca distanza da quel punto.

Fotografia di Garrett Madison

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Prima dell'alba, al Capo base, Danuru Sherpa brucia del ginepro per fare un'offerta agli dei. Sherpa di grande esperienza, Danuru ha raggiunto la vetta dell'Everest per la prima volta a 18 anni. Oggi, a 33 anni, ha compiuto almeno 12 ascese. Perché continua a scalare? "Perché mi servono i soldi", ha spiegato all'autore del servizio Mark Jenkins.

Fotografia di Andy Bardon

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Una squadra di sherpa scende dal Colle Sud dopo aver lasciato provviste al Campo 4. Le spedizioni commerciali si affidano agli sherpa non solo per le provviste e l'equipaggiamento ma anche per fissare le corde che molti scalatori - a prescindere dall'esperienza - usano per scalare la montagna. “In sostanza c'è un'unica corda che va dal Campo Base fino alla vetta", dice una guida.

Fotografia di Kristoffer Erickson

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Alcuni alpinisti scendono dalla Cascata Khumbu dopo aver trascorso del tempo a quote più elevate per acclimatarsi. Questo tratto della cascata è noto come “popcorn Section” perché gli enormi blocchi di ghiaccio disseminati ricordano appunto il popcorn.

Fotografia di Andy Bardon



Centinaia di alpinisti convergono al Campo Base del versante nepalese dell’Everest. Questa sorta di villaggio temporaneo affollato e variopinto offre docce con secchi d’acqua calda, accesso a internet e piatti caldi cucinati al momento.

Fotografia di Anjin Herndon

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Qualche ora prima dell’alba, le lampade frontali degli scalatori tracciano una scia luminosa fino in vetta.
in mancanza di regole più rigide, gli alpinisti continueranno ad affrontare rischi inutili, non solo legati all’alta quota o alle condizioni climatiche.
«La cosa più pericolosa sull’Everest», dice una guida, «sono le persone che tentano di scalarlo».

Fotografia di Kristoffer Erickson

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view post Posted on 23/2/2014, 17:33
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Quanto costa scalare l'Everest



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l campo base sul monte Everest
Fotografia di Alex Treadway, National Geographi

La notizia ha messo in subbuglio la comunità degli scalatori: il governo nepalese ridurrà le tariffe per arrampicarsi sul monte Everest. La scorsa settimana il ministro della Cultura, del Turismo e dell'Aviazione Civile ha annunciato che in primavera la tariffa passerà da 25.000 a 11.000 dollari a scalatore.

Certamente non si tratta ancora di una cifra economica, ma potrebbe rendere l'Everest accessibile a molti più scalatori. Già da tempo gli ambientalisti denunciano che la moltiplicazione delle spedizioni causa un affollamento pericoloso per gli alpinisti e deleterio per la quantità di rifiuti che vengono lasciati sul tetto del mondo. (Guarda la fotogalleria C'è folla sull'Everest). Il nuovo provvedimento rischia di aggravare la situazione? Secondo le guide himalayane, però, la risposta è un po' più complessa.

Una scalata costosa

Da quando, nel 1953, il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tensing Norgaystood raggiunsero per la prima volta la cima dell'Everest, arrampicandosi fino a 8.850 metri, più
di 4.000 scalatori hanno ripetuto l'impresa. Alcuni hanno speso fino a 50.000 dollari per avere questo privilegio, e durante gli anni '90 i puristi dell'arrampicata si sono spesso lamentati che solamente i più facoltosi potevano permettersi di scalare l'Everest.

Esistono diverse vie per raggiungere la vetta, ma il 99 per cento del traffico si concentra sulle due rotte principali. La via detta del Colle Nord parte in territorio tibetano ed è gestita dal governo cinese. Il prezzo previsto per l'arrampicata è circa un terzo di quello che viene richiesto per l'altra via (quella del Colle sud, in territorio nepalese), ma richiede competenze tecniche piuttosto avanzate in prossimità della cima, e sono molti di meno gli alpinisti che vi si avventurano.

In passato le tariffe per arrampicarsi seguendo questo percorso si basavano sul numero di partecipanti della spedizione, arrivando a 10.000 dollari a persona se il team contava sette o più membri (fino a un massimo di 15). Capitava così che scalatori di provenienza diversa si unissero per approfittare della tariffa comune, mentre solo pochi, avventurandosi come singoli, pagavano la tariffa intera.

A partire dal 2015, tuttavia, con le nuove tariffe il prezzo per i gruppi di arrampicatori stranieri aumenterà da 10.000 a 11.000 dollari a persona. Il ministro nepalese della Cultura ha spiegato che questo rincaro ha lo scopo di scoraggiare i gruppi formati artificialmente, dove il leader spesso non conosce la maggior parte dei membri, a favore di arrampicatori più responsabili.

Rischio affollamenti

Secondo i veterani delle vette nepalesi, non è detto che i provvedimenti porteranno a un eccessivo afflusso di scalatori. Per gli alpinisti provetti, che vogliono scalare la vetta in gruppi piccoli e ben organizzati, i costi rimangono relativamente bassi. A prescindere dal numero di partecipanti sarà richiesta la presenza di un ufficiale di collegamento al costo di 2.500 dollari, e il pagamento di una tassa di 500-600 dollari a persona per gli “ice doctor”, sherpa appositamente addestrati per l'installazione di scale e funi nei punti più pericolosi, come la cascata Khumbu.

“Se aumenta il numero di accampamenti al campo base, aumenterà anche la necessità di servizi ed elicotteri di salvataggio a supporto dello staff. L'impatto generale sulla parte alta della regione Khumbu sarà negativo”, commenta invece Conrad Anker, che ha scalato l'Everest tre volte ed è co-fondatore del Khumbu Climbing Center, dove gli sherpa vengono addestrati nelle tecniche di arrampicata e salvataggio. “Ogni luogo sulla Terra ha una sua portata massima, e sull'Everest abbiamo già superato il limite”. Accogliere più scalatori, infatti, richiederebbe ulteriori investimenti in servizi e infrastrutture. Nonostante il governo nepalese raccolga ogni anno più di 3 milioni di dollari grazie a chi si avventura sulla vetta, solo parte di quel denaro viene utilizzata a scopi di conservazione e gestione delle risorse.

“L'aumento dei prezzi avrà poco effetto sui centri che si occupano di formare le guide e organizzare le scalate”, ribatte Russell Brice, fondatore del servizio Himalayan Experience. “Data l'inflazione, che in Nepal ha raggiunto il 17% l'anno, questo aumento arriva tardi. Noi vorremmo che quel denaro tornasse alla regione di Khumbu, ma non succede. Il governo è troppo corrotto”.

Gestione del territorio

Chi tenterà la vetta in estate e in inverno godrà di uno sconto sulla tariffa: lo scopo è ridurre l'affollamento durante la primavera. Ma Brice è scettico. “Le possibilità di riuscire nella scalata d'inverno, con neve più alta e temperature più rigide, sono molto inferiori. Nessuno sceglierebbe questo periodo, sapendo di ridurre le proprie chance”.

Ci sono altri provvedimenti del governo nepalese che, al contrario del tariffario rinnovato, Brice trova virtuosi. In passato gli ufficiali di collegamento facevano visita al campo base per controllare i team, facendo supervisioni piuttosto superficiali. Questa primavera nove incaricati formeranno invece una stazione permanente, aiutando nella gestione del territorio dal traffico eccessivo di scalatori sui percorsi fino allo smaltimento dei rifiuti, tutte problematiche molto sentite che finora il governo aveva ignorato. Anker e Brice sperano che questo ponga le basi per un vero e proprio sistema di controllo, un provvedimento che richiedono ormai da molto tempo.

La riduzione delle tariffe per gli scalatori riguarderà anche altre cime del Nepal, che è casa di ben sette montagne che superano gli 8.000 metri. Tra i nuovi provvedimenti è prevista l'apertura agli scalatori anche di vette sulle quali finora non era possibile arrampicarsi. Su un pianeta che pare diventare sempre più piccolo e affollato, si tratta di buone notizie per coloro che vanno alla ricerca di valli inesplorate e cime mai conquistate.

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view post Posted on 10/3/2014, 16:05
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Se sali sull’Everest devi scendere con almeno 8 kg di spazzatura


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La nuova regola del governo nepalese si propone non solo di tutelare la montagna dai pericoli del turismo, ma anche di farla ripulire da chi si spinge oltre il campo base.


Non è certo la prima volta che dobbiamo tornare sulle nostre convinzioni per correggerle in negativo. In passato abbiamo ricordato la presenza di un’isola spazzatura all’interno di un paradiso naturale, quello delle Maldive. L’inquinamento a pochi passi dalle bellezze apparentemente incontaminate del pianeta non è un malessere che riguarda solo le località di mare. Nel 2010 il Comitato EvK2CNR aveva evidenziato il livello di contaminazione del K2 causata dai trekker anche sopra i 7.000 metri. Una tendenza negativa, quella dell’alta quota, che interessa tanto la vetta africana quanto quella asiatica dell’Everest. Qui le autorità locali hanno deciso di correre ai ripari e, soprattutto, di costringere i turisti ad assumersi le proprie responsabilità. Madhusudan Burlakoti, funzionario del ministero del turismo nepalese, ha spiegato che “ogni membro delle spedizioni dovrà riportare almeno otto chilogrammi di spazzatura oltre a quelli propri”.

Già oggi, prima di cimentarsi nella salita dell’Everest, i turisti devono depositare una cauzione di 4.000 dollari. Questa verrà riconsegnata solo dopo aver certificato il peso dell’immondizia restituita dalla montagna. Sulle pendici del monte, del resto, il viaggiatore potrà trovare non solo tutti i gadget tipici del trekker (cucine da campo, bombole e corde), ma persino cadaveri – stando almeno a ritrovamenti recenti - conservati perfettamente dal freddo. La regola, tuttavia, interessa soltanto chi vuole salire “ancora più in alto”, dal momento che si applicherà a partire da aprile a tutti coloro che vorranno andare oltre il campo base.

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view post Posted on 27/7/2014, 20:17
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Sherpa, i forzati dell'Everest
Dopo la valanga che ha ucciso 13 guide, ritratto del piccolo popolo che per sfuggire alla povertà rischia la vita accompagnando gli alpinisti sulla montagna più alta del mondo

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È ormai quasi un secolo che gli Sherpa lavorano come guide alpinistiche. Se i loro padri o nonni erano relegati a ruoli di fatica, facendo soprattutto da portatori per gli alpinisti occidentali, oggi gli Sherpa sono professionisti estremamente qualificati, che forniscono un'attività di supporto essenziale alle centinaia di clienti che ogni anno pagano profumatamente per tentare di scalare la vetta.

Squadre di Sherpa piazzano le corde fisse lungo l'insidiosa cascata Khumbu, su per il versante Lhotse, e sulla cresta che conduce alla cima. Allestiscono il Campo Base, che in aprile e in maggio è praticamente una piccola città fornita di accesso a internet. Portano tende, corde e cibo ai campi di sosta più elevati. Forniscono uomini per qualsiasi spedizione di soccorso. E infine fanno da guide, e oggi, a differenza di venti o trent'anni fa, molti Sherpa sono più bravi a scalare dei loro clienti occidentali. Sulle oltre 5.000 persone che hanno scalato l'Everest negli ultimi 50 anni, quasi nessuno ce l'avrebbe fatta senza gli Sherpa.

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Nella foto: Danuru Sherpa, una guida che ha scalato l'Everest 16 volte, sul campo 1 dell'Ama Dablam, a 6.100 metri di altitudine. Fotografia di Aaron Huey, National Geographic


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view post Posted on 8/9/2014, 16:43
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Ritorno sull'Everest, con polemica

la valanga che ha ucciso 16 Sherpa, la cinese Wang Jing ha percorso un tratto in elicottero prima di scalare la vetta
di Chip Brown

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Sherpa sulla cascata Khumbu, uno dei punti più pericolosi della via sud che porta alla cima dell’Everest, appena poco più su del campo base. Fotografia di Aaron Huey, National Geographic Creative
Ritorno trionfale

Ritorno sull'Everest, con polemica
Wang Jing a Namche Bazaar, al ritorno dalla sua scalata dell'Everest. In mano ha una targa fatta con lattine ritrovate sulla montagna e riciclate

Vedi anche

Quanto costa scalare l'EverestQuanto costa scalare l'EverestUna foto per gli SherpaSherpa, i forzati dell'Everest
Dallo scorso 18 aprile, quando una valanga uccise 16 Sherpa che stavano trasportando attrezzature in previsione della stagione alpinistica, sull'Everest vigeva una sorta di moratoria ufficiosa delle scalate: tutte le guide straniere si erano ritirate e più di 300 turisti che avevano pagato somme anche notevoli avevano rinunciato all'impresa.

Ma l'alpinista cinese Wang Jing, 41 anni, è riuscita ugualmente a scalare la cima più alta del mondo: assieme a una squadra di Sherpa, ha scavalcato in elicottero il tratto più pericoloso del percorso, proprio dove era avvenuto il tragico incidente. Il volo, partito il 10 maggio con l'autorizzazione del Ministero della Cultura nepalese, è servito a trasportare il team dal campo base al campo 2. Wang ha poi raggiunto la vetta il 23 maggio: per lei è stata la terza scalata dell'Everest. Non è però ancora chiaro se il Ministero nepalese certificherà ufficialmente l'impresa.

Dopo la valanga, la comunità degli alpinisti aveva discusso sulla possibilità di ricorrere agli elicotteri per superare le cascate Khumbu - un'area instabile caratterizzata da massicce formazioni di ghiaccio e profondi crepacci - in modo da ridurre il rischio per gli Sherpa, che durante la stagione alpinistiche la attraversano più volte per trasportare provviste e attrezzature dal campo base ai campi superiori.

Ho parlato con Wang dopo il suo ritorno al villaggio di Namche Bazaar, dove è stata festeggiata in una cerimonia di ringraziamento per aver donato oltre 30 mila dollari all'ospedale locale. La donna racconta che nessuno degli Sherpa che aveva portato con sé aveva mai scalato l’Everest prima d'ora. All’inizio aveva qualche timore, ma per lei gli Sherpa sono come una famiglia e ha deciso di fidarsi, e insieme sono riusciti nell’impresa.

Si dice molto addolorata per la morte delle guide rimaste uccise nella valanga, ma non se l'è sentita di rinunciare a un'impresa che aveva già programmato in dettaglio: scalare tutte le "sette cime" (le vette più alte dei sette continenti) in un periodo di sei mesi.

“Pensavo che non sarebbe stato difficile, visto che per nove volte ho già scalato vette al di sopra degli 8.000 metri. Al confronto le cime degli altri continenti mi sembravano facili, ma mi sto accorgendo che non è così".

Wang aggiunge che il famigerato Hillary Step, sull’ultimo tratto di salita dell’Everest, non le è risultato troppo ostico grazie al fisico molto flessibile, e per provarlo si mette un piede sulla testa.

A quanto si racconta, la donna proviene da una famiglia povera del Sichuan, e ha fatto fortuna lanciando una ditta di abbigliamento sportivo. Mi saluta prima di ripartire per l'Alaska, dove tenterà la scalata del McKinley, il monte più alto del continente nordamericano. Cosa farà l’anno prossimo? “Penso che forse mi riposerò”.

Nonostante i festeggiamenti ufficiali, l'impresa di Wang non sarà sicuramente ben accolta da tutti. Dopo la valanga diversi Sherpa avevano chiesto che la stagione alpinistica sul versante nepalese dell'Everest fosse ufficialmente chiusa. Quelli che hanno accompagnato l'alpinista cinese hanno probabilmente ricevuto lauti compensi per aver violato la moratoria ufficiosa.


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view post Posted on 1/2/2018, 16:37
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Nepal, cartoline
dal tetto del mondo
Le immagini inviate dall'Everest dagli avventurosi lettori di NG. La nuova spedizione del National Geographic sulla vetta più alta


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L'Everest dal Kala Patthar
Fotografia di Maria Alejandra, My Shot

Quest'immagine è stata scattata attorno alle 6 del pomeriggio dalla cima del Kala Patthar, una montagna di circa 5.600 metri situata di fronte all'Everest.

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Tenda al Campo II
Fotografia di Brad Jackson, My Shot

Gli Sherpa preparano il pasto al Campo II mentre le stelle compaiono sul Western Cwm.

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view post Posted on 2/2/2018, 20:26
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Mantra di pietra
Fotografia di Umar Shah, My Shot

Mentre m'incamminavo nel cuore dell'Himalaya nepalese, ho capito quanto religioso e spirituale sia questo popolo di montagna. Questi sono mantra tibetani scolpiti su pietra.

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Alpinisti sulla Serraccata del Khumbu
Fotografia di Brad Jackson, My Shot

Gli alpinisti discendono dal Campo I sull'Everest nella famigerata Serraccata del Khumbu. Statisticamente questa è la partre più pericolosa della scalata perchè i massi di ghiaccio sono in perenne movimento.

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Panorama dell'Everest
Fotografia di Jeff Davids, Your Shot

Questa foto panoramica dell'Everest, con il monte sulla sinistra, è stata scattata dopo il tramonto dal Gokyo Ri, Nepal, nel 2004.

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Campo Base
Fotografia di Thomas Chudalla, My Shot

Ho scattato questa foto dal Campo Base dell'Everest.

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Stupa e Ama Dablam
Fotografia di Rajendra Lama, My Shot

Ho scattato questa foto della bella montagna Ama Dablam, con davanti un tempio (stupa) durante il trekking al Campo Base dell'Everest.

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view post Posted on 24/5/2019, 09:17
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Ingorghi, ritardi e gente in coda fino a due ore. E' quanto succede in uno dei posti dove ci aspetterebbe il massimo del silenzio e della solitudine. Succede invece sull'Everest (8.848 metri), preso d'assalto, complice il bel tempo, da circa 200 persone tra alpinisti e sherpa. Con una cima "affollata" si rischiano più incidenti dovuti all'inesperienza degli scalatori, le cui bombole di ossigeno, indispensabili a quelle altezze, si consumano nell'attesa di tentare la scalata. Mercoledì, quando erano attesi ben in 150, sono morti due alpinisti per il mal di montagna: l'americano Donald Lynn Cash e una donna indiana, Anjali Kulkarni. I due hanno perso la vita nonostante i soccorsi.

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